Mentre il massacro a Gaza è sotto gli occhi di tutti, il giornalismo mainstream abbassa lo sguardo e cancella le vittime. Una scorta mediatica protegge gli sterminatori e normalizza l’orrore. Ma la verità esiste, ed è documentata. E chiede conto

Sanno e sappiamo tutti che è un genocidio. Lo sa il premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha invocato da subito la distruzione di tutto, lo sa il generale a riposo Giora Eiland che già il 19 novembre 2023 consigliava di puntare sulle epidemie più che sulle armi per liberarsi dei palestinesi, lo sanno i tanti giornalisti che da un anno disquisiscono alla tv israeliana se esistano o meno innocenti a Gaza (c’è chi pensa ai neonati, chi ai minori di quattro anni, chi a nessuno). Ma lo sanno anche i tanti studiosi ebrei che - mai citati, raccontati o intervistati dalla grande stampa di casa nostra - si sgolano da mesi per dire che sì, a Gaza, è un genocidio. Uno dopo l’altro Raz Segal, Amos Goldberg, Omer Bartov, Daniel Blatman, Barry Trachtenberg, William Schabas e tanti altri hanno capitalizzato decenni di studi sull’Olocausto per affermare senza riserve che l’orrore di Gaza è, appunto, un genocidio. Loro di qua, dall’altra parte il mainstream italiano ben personificato da Bruno Vespa, che il 21 aprile 2025 tira le orecchie al papa appena deceduto perché lo scorso novembre osò chiedere che si indagasse “con attenzione” se a Gaza fosse o meno genocidio. A Porta a Porta di genocidio non si può parlare: «Però però però, le parole hanno un senso. Genocidio è stato quello nei confronti degli ebrei» è la dotta motivazione che cancella la tragica sorte di sinti, rom, armeni, ruandesi, cambogiani, bosniaci. E palestinesi.

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